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L'ARLECCHINO D'ORO

SPETTACOLI DE L'ARLECCHINO D'ORO 2004


Direzione artistica: Prof. Paolo Bosisio
Assistente al Direttore artistico: Dott.ssa Valentina Garavaglia
Direzione organizzativa: Dott.ssa Emanuela Talia

Coordinamento: Dott.ssa Federica Restani
Ufficio stampa: Giulia Calligaro

Per informazione e prevendita:
Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo – 0376-329009 / 0376-2212855

Biglietteria on-line

Programma sintetico / Programma dettagliato

Arlecchino d’oro 
3-10 luglio 2004

Programma sintetico

sabato 3 luglio 
ore 21.30 
Serata d’onore per Giorgio Albertazzi : Shakespeariana
Premiazione Arlecchino d’Oro Palazzo Te - Cortile d’onore


domenica 4 luglio
dalle ore 11 alle ore 12.30 
Festival dei Cantastorie Piazza Broletto
dalle ore 18 alle ore 20.00 
Festival dei Cantastorie Piazza Broletto

dalle ore 20.30 alle ore 21.30 
Circo Paradiso Piazza Erbe
dalle ore 22.30 alle ore 23.30 
Circo Paradiso Piazza Erbe

lunedì 5 luglio
ore 21.30 
Pugnale d’ordinanza 
di Michele Perriera 
regia di Michele Perriera Palazzo Te – Cortile d’onore


martedì 6 luglio
ore 21.30 
Otello 
di William Shakespeare
regia di Corrado d’Elia Palazzo Te – Cortile d’onore



mercoledì 7 luglio 
ore 21.30 
Romeo e Giulietta
di W. Shakespeare 
regia di Corrado d’Elia Palazzo Te – Cortile d’onore


giovedì 8 luglio 
ore 21.30 
Senza rete
Acrobazie cabarettistiche di un attore di prosa

di e con Nicola De Buono Piazza Castello 



venerdì 9 luglio
ore 21.30 
Les carnets du sous-sol - Memorie dal sottosuolo
da Fedor Dostoevskij
di e con Patrice Chéreau 
Premiazione Arlecchino d’Oro alla regia Palazzo Te – Cortile d’onore



sabato 10 luglio
ore 21.30 
Elisir d’amore
di Gaetano Donizetti 
regia di Paolo Bosisio Palazzo Te – Cortile d’onore


Programma dettagliato

3 luglio 
ore 21.30 Cortile d’onore – Palazzo Te


Serata d’onore per Giorgio Albertazzi: Shakespeariana
di e con Giorgio Albertazzi

È difficile non abbinare nel teatro nazionale il nome di Shakespeare a quello di Giorgio Albertazzi: Troilo e Cressida (1949), Re Lear (1954), Amleto (1963), Antonio e Cleopatra (1977), Racconto d’inverno (1980), Riccardo III (1983), Il Mercante di Venezia (2000), Flastaff e le allegre comari di Windsor (2001), fino al recente Giulio Cesare (2001), sono solo alcune delle tappe del lunghissimo e intenso percorso teatrale di uno degli attori più amati e noti in Italia e all’estero. 
Giorgio Albertazzi, in occasione della consegna dell’Arlecchino d’Oro, ha allestito in anteprima un’antologia delle sue performances shakespeariane, sotto al titolo, appunto, di Shakespeariana
Un viaggio dentro Shakespeare. Forse, ma anche altro: un’epifania attoriale – commenta Albertazzi, presentando la serata -. Si parla e si straparla, si ride tragicamente di sé e del mondo, si rievocano fatti e misfatti in un’atmosfera che è sempre più rarefatta e magica, quando si ritrova lo splendore del gioco. Un sogno, un gioco di specchi: “…noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita si conclude in un sonno...” I brani della lettura saranno preceduti e seguiti da un’importante esecuzione orchestrale, a cura del complesso del Teatro d’opera di Kharkov, diretto dal maestro Claudio Micheli, dedicata a due grandi musicisti che nella drammaturgia di Shakespeare hanno trovato ispirazione, ovvero Verdi e Prokofiev. L’orchestra eseguirà, infatti, brani tratti dalle opere Otello e Macbeth di Verdi e dal balletto di Prokofiev Romeo e Giulietta.


4 luglio
ore 11.00 -12.30 Piazza Broletto

Festival dei cantastorie

con Wainer Mazza e Mario Zamboni
accompagnati dal fisarmonicista Sisto Palombella

ore 18.00-20.00 Piazza Broletto

Festival dei Cantastorie

con i Munda rìs

22.30- 23.30 Piazza Erbe

Circo Paradiso

dei Fratelli Davio e Corrado Togni

È nella natura dell’Arlecchino d’Oro presentare un’idea ampia di ciò che è teatro e teatralità, sconfinando oltre quello che potremmo definire teatro drammatico. Perfettamente vi calzano, infatti, musica e acrobazia, canto e danza, teatro di prosa e teatro musicale, circo e forme di teatro altro.
Alla luce di queste premesse, come per l’edizione dell’anno passato, anche per quella del 2004, il Festival dà largo spazio al teatro di strada: da un lato un’esibizione di circo Paradiso dall’altro l’originale presenza di cantastorie di tradizione, accompagnati da un fisarmonicista, in punti caratteristici del centro storico. Il cantastorie narra, racconta, canta, emoziona, coinvolge e appaga la curiosità di tutti: è cronista, attore, sceneggiatore, sfrutta al meglio i mezzi che ha a disposizione per creare “il treppo” (come si dice in gergo) e trasmettere la propria sensibilità artistica con un messaggio semplice e popolare che va dritto al cuore dello spettatore. Mantova da Virgilio a Sordello, da Teofilo Folengo a Tristano Martinelli può ben permettersi di portare avanti una rassegna di cantastorie con l’intento di riscoprire il gusto dello spettacolo di piazza, la naturalezza e la valenza della proposta artistica che, partendo da un’antichissima tradizione, può trovare attualità ai giorni nostri nel segno dell’Arlecchino d’Oro. E non è finita qui: i fratelli Davio e Corrado, figli del celebre domatore Darix Togni, presentano la loro nuova creazione circense. Con Circo Paradiso i Togni tornano alle origini, alla piazza, alle atmosfere raffinate ed esilaranti delle arene dei saltimbanchi di felliniana memoria. Un percorso alla rovescia. Dal grande circo internazionale alla vita bohemienne degli artisti di strada. In un’ambientazione fra Kusturica e Zampanò il pubblico viene trasportato in un mondo barocco e romantico attraverso virtuosismi acrobatici e la riproposta del vecchio repertorio delle farse e delle “entrate comiche”, alla maniera della Commedia dell’Arte. 


5 luglio ore 21.30 Palazzo Te – Cortile d’onore

Pugnale d’ordinanza
Testo e regia di Michele Perriera

scene e costumi di Lisa Ricca

Interpreti: Giuditta Perriera Serena Barone, Gigi Borruso, Maria Rosa Randazzo, Salvo Volturno, Giovanna Cossu, Laura Isgrò, Letizia Porcaro, Francesco Teresi e Vincenzo Musso

Il testo dello scrittore e regista palermitano, interpretato da nove attori, narra la vicenda giudiziaria di un drammatico rapporto di Amore e Morte tra due donne. Fondato sulle metafore dello specchio e del doppio, lo spettacolo si snoda nelle indagini per svelare il mistero di un’uccisione violenta, la cui efferatezza non è che la risposta alla dolcissima passione che incorre tra le due donne. La scena si apre sulle gabbie in plexiglass di un carcere, dove si svolge l'interrogatorio della protagonista, Margherita, accusata di aver ucciso Carmen, la donna che ama. Il secondo piano narrativo comincia con un flashback: la spiaggia dove le due donne si sono amate, hanno ballato, cantato e dove poi una uccide l' altra, mossa soltanto dalla forte gelosia. L' idea di mettere in scena un amore violento, fatto di passione e gelosia è nato tre anni fa, quando Perriera iniziò a scrivere il testo dedicato alla figlia Giuditta, poi pubblicato sulla rivista Primafila. La scelta di trattare l’amore omosessuale ha l’intento preciso di non arginare la passione in nessuno schema, lasciandole un valore di universalità. Non c'è qui, insomma, un amore che moralmente va bene e uno che va male. Perriera ha scelto anzi di rappresentare quello tra due donne, perché l'assassinio è generato da una forte passione e solo la personalità femminile è capace di uccidere per gelosia. “Il carattere di specchio che in genere ha l' amore - dice l'autore, uno dei fondatori del Gruppo '63 e per anni alla guida della scuola di teatro Teates - è espresso in una maniera particolarissima nell'omosessualità, che sottolinea la rappresentazione più forte di questo sentimento, in cui si manifesta spesso la voglia di somigliare all'altro, fino al desiderio di specchiarvisi''. Il finale è degno della migliore tradizione noir. I grandi temi del bene e del male si stagliano ambigui entro una cornice esistenziale tanto rischiosa quanto capace di andare oltre la morte, oltre le stesse apparenze dominanti, oltre la stessa memoria. Si tratta certamente di uno degli autori più interessanti del panorama italiano del secondo Novecento.


6 luglio ore 21.30 Palazzo Te – Cortile d’onore

Otello

di William Shakespeare

Progetto e regia di Corrado D’Elia
Interpreti: Corrado D’Elia, Elisa Pella, Marco Brancato
Produzione Teatri Possibili

La trama è celeberrima: è la storia di Otello, il Moro di Venezia, che in seguito alle insinuazioni del fidato Iago, si convince che la moglie Desdemona lo tradisca con il suo luogotenente Cassio. Lei naturalmente è innocente ed entrambi sono vittime di un piano architettato da Iago per fare carriera, spinto dal suo odio verso il Moro. Ma Otello, accecato dalla gelosia, la uccide. Il testo shakespeariano riletto da Corrado D’Elia diventa un viaggio sospeso tra sogno e realtà, cadenzato da continui risvegli, in un limbo dove incubo e reale si sovrappongono. Lo spazio è una non-scenografia, semplice ed essenziale, nera come l’inferno, con una nicchia sul fondo per incorniciare visioni e due tombe d'acqua in primo piano. Più che il mare delle città in cui si svolge la tragedia vengono evocate vischiose trappole dell'anima, magiche polle sorgive cui attingere la forza per realizzare le trame di Iago. Unico elemento di scena un trono mobile affilato come una lama ed emblema di potere. L’aspetto sociale è cancellato: non c'è Venezia, non c'è Cipro, solo sentimenti estremi che si aggrovigliano claustrofobicamente nella scatola teatrale, fino a tracimare nella platea, chiamata in causa dai protagonisti. Otello, vittima sacrificale e carnefice, è divorato dal dubbio e dall’ansia della possibilità totale. Ogni certezza è corrosa, ogni sentimento: tutto può essere una cosa e anche l'opposto. Sulla linea di confine tra ombra e luce, è labile il confine tra bene e male, tra onestà e disonestà, parallelamente si consuma e si vanifica il trionfo dell'amore e dell'odio. E intorno i silenzi, le attese, le tensioni. Uno spettacolo visionario, carnale, ma asciutto e diretto, che affronta il testo del Bardo con originalità e ritmo, poesia e colore, alla continua ricerca di un teatro di "misura". Quasi un moderno dramma psicologico.


7 luglio ore 21.30 Palazzo Te – Cortile d’onore

Romeo e Giulietta

di William Shakespeare

Progetto e regia di Corrado D’Elia
Interpreti: Daniele Ornatelli, Elisa Pella, Davide Palla
Produzione Teatri Possibili

Lo spirito di Shakespeare soffia come e quando vuole. Capita che un classico diventi un esercizio evocatorio, un rito-performance postmoderno a scopi propiziatori (la bellezza, l’amore, Shakespeare stesso), in cui dei giovani attori, senza timori reverenziali, si lasciano possedere dalla poesia rimanendo se stessi. Romeo e Giulietta, celeberrimo dramma, tratto da traduzioni inglesi di un’antica storia italiana più volte raccontata da Luigi da Porto (1530) e da Matteo Bandello (1554), scritto contemporaneamente ai sonetti, incorporati all’interno del testo per affinità di linguaggio e di temi, è sicuramente l’opera giovanile più bella di William Shakespeare. È il dramma dell’amore represso e infelice, dramma della giovinezza ed anche del sogno con cui si tenta un’impossibile evasione dalla realtà adulta. L’illusione sconfitta dal destino. Tutto questo è riletto da Corrado d’Elia con una scena composta da muri umani che si muovono e si intrecciano al ritmo di un’ossessiva musica da trance, da cui sorge la nota vicenda dell’amore dei due giovani e dell’odio delle due potenti famiglie veronesi dei Montecchi e dei Capuleti. Intanto un frate, esperto alchimista di vita e di morte, conduce esperimenti con alambicchi umani, versando in ampolle vive le sue pozioni animate e scaldando fino all’ebollizione gli animi già infuocati degli uomini. Il tempo così si sdoppia e per uno scherzo del destino le ore dei due amanti si sfalsano e si moltiplicano in corse infinite. Così, una lettera che doveva arrivare non arriverà mai e il tempo del risveglio per uno diventa il tempo di morte per l'altro. Amore e Morte ancora una volta insieme, ad unire per sempre ciò che l'odio avrebbe tenuto eternamente distante: due amanti, due metà tenute insieme ma leggermente sfalsate in un'unica, meravigliosa, eterna storia d'amore. Il carattere tragico del dramma non deriva tuttavia dalla morte dei due sposi. Shakespeare sottolinea l’inutilità dell’odio tra le famiglie e delle convenzioni sociali che determinano la tragedia finale, con il suicidio dei giovani, ma questo epilogo drammatico è soprattutto opera dell’imprevedibilità della vita; l’amore resta grande, immenso, sono i capricci del caso che, in vita, separano i due giovani: Un potere troppo grande perché si possa pensare di avversarlo ha sbaragliato i disegni… 


8 luglio ore 21.30 Piazza Castello

Senza rete
Acrobazie cabarettistiche di un attore di prosa

di e con Nicola De Buono

Senza rete si presenta come un talk-show, una pretestuosa lezione-spettacolo, nella quale si alternano monologhi, canzoni e poesie che illustrano la vita e il mestiere dell'attore nell'arco del tempo.
La rappresentazione, sempre all'insegna della comicità, vuole essere una specie di salto mortale, senza rete, di un attore che interpreta di volta in volta il ruolo del commediante, del giullare e del fine dicitore in una miscellanea di improvvisazioni e proposte cabarettistiche.
Con Nicola De Buono, autore e interprete, recitano virtualmente grandi protagonisti del mondo dello spettacolo e della cultura nazionale e internazionale. Non poteva mancare allora un omaggio a Tristano Martinelli, primo Arlecchino della Commedia dell’Arte, de civitate marcariensis, che si rivolgerà al pubblico in una sorta di dialetto mantovano ante litteram, che introduce la nascita degli Zanni. Ma sul palco ci sarà anche il bardo William Shakespeare, che percorrerà, ora carsicamente ora platealmente, tutto lo show con brani celebri di sorprendente attualità; nonché il grande Ettore Petrolini, riproposto, però, in un’inedita versione al femminile. Citazioni e cammei d’autore si intercalano a dicerie e critiche sul mondo di oggi e di ieri. Così, nelle vesti di censore del parlar in versi l’autore-attore proporrà un confronto con la poesia di Giacomo Leopardi. E mentre le parole si infittiscono e portano inconfondibilmente il presente a specchiarsi nel passato, in un ritmo serrato di omaggi nobili e sberleffi, ammiccamenti alla sperimentazione teatrale e ai Grandi Maestri, immancabile sarà la presenza di Antonio de Curtis, il Totò nazionale, con la sua bonaria messa in commedia di un certo essere “all’italiana”. Uno spettacolo che si trasforma in tanti spettacoli, nati dall’attualizzazione e rivisitazione di Attori si nasce, già messo in scena con successo da De Buono.


9 luglio ore 21.30 Palazzo Te – Cortile d’onore

Les Carnets du Sous-Sol
(Memorie dal sottosuolo)


da Fedor Dostoevskij
traduzione in francese di André Markovicz

di e con Patrice Chéreau

Un grande maestro della scena contemporanea, Patrice Chéreau, in un recital unico che dà vita ad uno dei testi più affascinanti di Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo. Vitale, intenso regista - di teatro di cinema e d'opera - e singolare attore, Patrice Chéreau, solo in scena con un leggio, impugna “a mani nude” l’opera con cui l’autore russo rinnova la propria voce, inaugurando il genere del monologo interiore. Memorie dal sottosuolo – 1864 - è infatti il libro che annuncia i capolavori della maturità (Delitto e castigo uscirà appena due anni dopo). Già inconfondibilmente dostoevskiana è la volontà di scandagliare l'animo umano senza risparmiarsi nulla e senza indietreggiare davanti alle verità più amare. Il sottosuolo evocato dal titolo non descrive tanto una condizione sociale, piuttosto rappresenta l’anima dell’io narrante. Il sottotitolo di questo romanzo è, eloquentemente, Storia di una nevrosi. E qui Dostoevskij, maestro nell’indagare gli istinti più neri dell’uomo, è più spietato che mai. Lo è nel ripercorrere l’esperienza del dolore, la coscienza della morte davanti al plotone d’esecuzione, le catene delle celle in Siberia, il periodo trascorso tra i condannati all’ergastolo in condizioni disumane, la lettura ossessiva dell’unico libro disponibile, il libro dei libri, la Bibbia. Memorie dal sottosuolo si divide in due parti: Il sottosuolo e A proposito della neve bagnata. Patrice Chéreau legge la seconda parte del testo, un viaggio in dieci tappe: dal profondo disagio interiore all’incontro-scontro con la società e con una prostituta di nome Lisa. La traduzione di André Markowicz, nel desiderio di restituire al romanziere la sua vera voce, allontana la lingua di Dostoevskij da ogni pretesa di eleganza, si fa più fisica, il discorso si muove ironico e impudico tra correzioni, sbalzi temporali e pause. E per un’ora e trenta minuti, l’attore-regista segue con rigorosa attenzione il tracciato oscuro del linguaggio dostoevskiano, cogliendo, di volta in volta, le occasioni per impostare un ironico distacco o abbandonarsi ad un’intensa partecipazione emotiva.


10 luglio ore 21.30 Cortile d’onore di Palazzo Te

L’Elisir d’amore

di Gaetano Donizetti 
libretto di Felice Romani, da Le philtre di Eugène Scribe
Melodramma giocoso in due atti
Regia: Paolo Bosisio

Interpreti: Sergio Bologna, Carmine Monaco, Selma Pasternak, Ruslan Zinevyk, Paola Fabrizi
Ballerini: Sabrina Maraschin, Ilaria Brugnotti, Daniele de March, Stefano Gitti
Coreografie: Sabrina Maraschin
Orchestra della Compagnia Italiana d’Opera 
Maestro direttore e concertatore Claudio Micheli

Elisir d’amore rappresenta una delle più fortunate opere di Donizetti. Il fatto che una delle prime affermazioni del compositore a Milano sia avvenuta proprio con Elisir non stupisce chi valuti quest’opera all’interno della di lui produzione, in quanto essa segna la messa a punto di una cifra compositiva autonoma nel trattamento dello stile comico e l’affrancamento definitivo dal modello rossiniano. La particolare genialità di Elisir d’amore risiede nel modo in cui Donizetti coniuga una storia d’amore con un ritratto deliziosamente comico della vita contadina. I contadini di Donizetti sono una combriccola piena di vita, parlano e reagiscono in risposta ai desideri di Nemorino, allo sdegno di Adina, alle spacconerie di Belcore. Elisir si può definire perciò un’opera strapaesana, dal profumo villereccio e dall’inconfondibile color terrigno della campagna in cui è immersa. Alla luce di tali premesse, la messinscena dell’opera, ambientata nella splendida cornice di Palazzo Te a Mantova, riporta la vicenda in una limpida atmosfera campestre, dove ad intrecciarsi mirabilmente sono l’idillio e il pettegolezzo, le malizie e l’ingenuità del popolo contadino. All’iconografia tradizionale ottocentesca dei personaggi si sostituisce l’idea forte della regia che identifica in Dulcamara uno di quei ciarlatani che, alla fine del XVI secolo, battevano le fiere di paese in area padana per vendere i loro specifici, medicamenti di portentosi e quasi magici effetti, cercando di attirare l’attenzione dei potenziali clienti utilizzando, oltre alla naturale facondia, le doti performative di attori, danzatori e musici di strada. Alle origini della commedia dell’arte, ecco dunque il ciarlatano Dulcamara che decanta le doti del suo elisir, mentre intorno a lui si muovono, nelle coreografie appositamente realizzate da Sabrina Maraschin, danzatori e ginnasti, nei panni dei ruoli fondamentali dell’improvvisa. Belcore altri non è che uno spavaldo Capitano, parente stretto dei Matamoros e degli Scaramouche, mentre Adina e Nemorino declinano nella versione campagnola la coppia degli “amorosi”, non senza chiaro riferimenti al mondo dei villani. La contaminazione di linguaggi che va dal canto alla danza, sotto la guida sempre presente della tessitura musicale, costituisce la cifra di uno spettacolo all’insegna del grande teatro.

 Edizioni de L'Arlecchino d'Oro
2005: Presentazione, Spettacoli, Approfondimenti  
2004: Presentazione, Premio, Spettacoli 2003: Presentazione, Premio, Spettacoli, Stampa
2002: Contributo 2001: Presentazione, Premio, Spettacoli, Stampa
2000: Presentazione, Premio, Spettacoli 1999: Presentazione, Premio, Spettacoli

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