SPETTACOLI DE L'ARLECCHINO D'ORO 2003
Per informazioni e prevendita: Gonzaga point – 0376-220097
Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo – 0376-221285
SABATO 28 GIUGNO
Cortile di Palazzo Te - ore 21.30
SERATA D’ONORE PER PAOLO POLI
con
Luigi Franchini, Stephan Gogolka, Angiolina Sensale
Giovane Balletto classico di Torino diretto da Loredana Furno
Orchestra della Compagnia italiana d’Opera
Consegna del premio Arlecchino d’Oro a Paolo Poli
Un’occasione ideale per festeggiare in Paolo Poli uno fra i più straordinari artisti e uomini di teatro dell’Italia contemporanea. Un momento di allegria all’insegna della satira, dell’humour garbato e mordente che da sempre caratterizzano il suo modo di rileggere la realtà attraverso la lente di una raffinata cultura letteraria e musicale. Sul palcoscenico un’orchestra sinfonica che accompagnerà con le note di compositori maggiori e minori un divertente percorso rievocativo nel mondo del varieté.
A guidare la carrellata un cantante fantasista di grande talento, Luigi Franchini, che, accompagnato al pianoforte da Angiolina Sensale, proporrà diverse canzonette che resero celebre l’Italia musicale degli anni Venti (da Era nata a Novi a Si fa ma non si dice, da Sotto il ciel de l’Italie a Gastone e a Ti darò quel fior).
Una parentesi di grande efficacia sarà costituita dagli interventi dello straordinario sopranista polacco Stephan Gogolka che passerà con la geniale agilità che gli è riconosciuta dal Rossini del Barbiere e della Cenerentola al Bizet della Carmen fino allo Strauss dello Zingaro Barone. E infine sulle note del Charleston e di uno sfrenato Can Can le giovani e graziose ballerine del Balletto di Torino diretto da Loredana Furno che con Poli ebbe occasione per più di una collaborazione introdurranno il premiato che regalerà al pubblico momenti di sicuro
divertimento.
DOMENICA 29 GIUGNO
Piazza Erbe - ore 18.30 / 21.30
CREATURE
Una performance di teatro acrobatico africano
Arcipelago Circo Teatro
La drammaturgia della festa… Creature nasce dalla commistione tra il teatro di strada, le feste di piazza, la drammaturgia della festa, patrimonio dell’esperienza trentennale del regista e scenografo Marcello Chiarenza, e la festosità, il ritmo e l’energia semplice degli artisti africani in consonanza naturale con il lavoro del regista, abituato a lavorare con materiali poveri e naturali e a trarre ispirazione per i suoi spettacoli da miti e leggende antiche legate alla natura, agli elementi e al ciclico ripetersi delle stagioni.
L’incontro di culture lontane nel linguaggio universale del circo…Uno degli obiettivi culturali perseguiti da questo progetto artistico è la sperimentazione di un modello estetico che possa coniugare le espressioni radicate nella cultura dei paesi africani, alle forme innovative del circo contemporaneo. Attraverso questa sintesi, si offrirà al pubblico europeo uno strumento efficacie ed insostituibile per cogliere gli elementi caratterizzanti della cultura di questi popoli.
L’incontro di culture lontane nel linguaggio universale del circo…Uno degli obiettivi culturali perseguiti da questo progetto artistico è la sperimentazione di un modello estetico che possa coniugare le espressioni radicate nella cultura dei paesi africani, alle forme innovative del circo contemporaneo. Attraverso questa sintesi, si offrirà al pubblico europeo uno strumento efficacie ed insostituibile per cogliere gli elementi caratterizzanti della cultura di questi popoli.
Il linguaggio del corpo e dei simboli…I popoli dell'Africa Orientale hanno sempre fondato la loro espressività sul linguaggio del corpo e dei suoi attributi. Il presupposto delle rappresentazioni tradizionali è il simbolismo rituale attraverso il quale si esprime l'arcaico dualismo tra individuo e natura. Nell'allestimento dello spettacolo viene data la possibilità agli artisti, attraverso i rispettivi interventi, di riproporre questa tematica, collocandola in un disegno teatrale in cui potrà essere attualizzata.
Arcipelago Circo TeatroArcipelago Circo Teatro è l’eterogeneo gruppo diretto da Alessandro Serena che ha avviato una collaborazione con La Biennale di Venezia nella produzione dello spettacolo "Ombra di Luna", una pagina senza dubbio centrale del processo di integrazione delle arti della scena e della pista. Uno spettacolo che ha riscosso un grosso successo di pubblico e di critica, determinando una nuova tendenza verso "Le Cirque Nouveau" anche nel nostro paese.
LUNEDI' 30 GIUGNO
Piazza Leon Battista Alberti - ore 21.30
ARLECCHINO E LA COPPA DELL’AMORE
Compagnia di burattini Paolo Papparotto
Tutti noi per tutta la vita andiamo in cerca dell’amore, il vero, il grande, l’unico amore. Così unico che più ce n’è e meglio è! Pantalone, innamorato non corrisposto di Colombina, abita con la sorella Palmira, attempata zitella in attesa di marito, in una casa del tranquillo Campo della Misericordia a Venezia.
Improvvisamente appare la coppa dell’amore, oggetto magico (o diabolico?) e molte cose cominciano a cambiare: Arlecchino, Brighella, Capitan Spavento, Mamoletto e anche la strega Rosega Ramarri e perfino il Diavolo vengono travolti dalla febbre dell’amore, fra esilaranti trucchi, equivoci ed inganni, con il coinvolgimento del pubblico… l’amore è contagioso?
MARTEDI' 1 LUGLIO
Cortile di Palazzo Te - ore 21.30
prima nazionale
BILORA – PARLAMENTO
di Ruzante
regia di Gianfranco de Bosio con Marcello Bartoli, Federica Armillis, Chiara Stoppa
Ruzante al Palazzo del Tè – Gianfranco de Bosio Giulio Pippi, detto Giulio Romano, è contemporaneo per data di nascita e di morte con Angelo Beolco detto il Ruzante, anche se l'autore attore ebbe vita di alcuni anni più breve. Di due grandi artisti si tratta in ogni modo, Giulio, allievo prediletto di Raffaello, poi prefetto generale delle fabbriche dei Gonzaga a Mantova, Angelo, amico dl Falconetto e dell'Ariosto, direttore delle feste di casa Cornaro a Padova.
Mentre l'architetto consegue nel Palazzo del Tè (1524-1527) una mirabile evoluzione dei presupposti raffaelleschi, il Ruzante negli stessi anni realizza con i Dialoghi in lingua pavana due capolavori della rappresentazione umanistica del mondo contadino.
La proposta di Paolo Bosisio di rappresentare la tragicommedia del bracciante Bilora a Venezia e il ritorno del Ruzante dalla guerra nello spazio architettonico di Giulio Romano, è affascinante per le confluenze che suggerisce: non dimentichiamo che i dialoghi poterono venire rappresentati proprio nella loggia del Falconetto edificata negli anni del Palazzo del Tè.
Allo spettatore contemporaneo si affida il divertimento di scoprire le analogie e il fecondo contrasto fra la lingua rustica e l'invenzione umanistica degli artisti di allora: Vitruvio e Plauto erano presupposto di conoscenza, assimilazione e di nuove originali realizzazioni.
MERCOLEDÌ 2 LUGLIO
Piazza Leon Battista Alberti - ore 21.30
LO SGHIGNAZZO DI ARLECCHINO
da Ruzante, Goldoni, Dario Fo
regia di Vito Molinari con
Eugenio de’ Giorgi scene e costumi di Matteo De Martino
canzoni e musiche originali di Luciano Del Giudice
Il servo Zani (o Zanni) della tradizione buffonesca delle rappresentazioni all’improvviso, il villano Ruzante di Angelo Beolco, detto Ruzante; e Trappolino, Mezzettino, Trufaldino, Trivellino, Tracagnino, Bertoldino, Fagiolino, Fratellino, Scapino, Sganarello, fino all’ “Arlechin” di Goldoni e all’Harlequino di Dario Fo: sono altrettante facce, altrettante maschere di uno stesso personaggio, l’Arlecchino della Commedia dell’Arte; un buffone antico, un proto-clown, straordinario giullare, servo furbastro, pezze al sedere e cervello fino, abilissimo nel cercar di accontentare quelli che sono i suoi bisogni primari: mangiare, bere e fare all’amore.
Si accontenta di poco, un tozzo di pane, un sorso di vino, una manata ad una serva, ma sogna molto e immagina moltissimo: ingurgitare quantità enormi di cibi squisiti, bere botti di vino fino a scoppiare e amare dame bellissime, cortigiane , regine.
La sua fame atavica lo spinge persino a tentare di mangiare se stesso; il suo ardente desiderio d’amore gli fa compiere azioni poetiche e volgari. E’ capace di slanci dolcissimi (Arlecchino mamma) e d’imprese oscene (Arlecchino fallotropo), ma mai volgari o pornografiche o disoneste. Nel suo mondo non esiste il concetto di moralità, ma non è mai malvagio né vizioso; ingannato e truffato è raramente vendicativo, né maligno; può prestarsi ad essere ruffiano, ma conservando sempre un’innocenza fanciullesca. E’ truffatore, ma pronto a farsi in quattro per servire anche più padroni, pieno di dignità e saggezza popolare, ma sboccato; persino capace di “pietas”, di malinconie improvvise e imprevedibili, ma bugiardo fino alla morte.
Lo sghignazzo di Arlecchino è una narrazione, una giullarata, un’affabulazione sul personaggio, dallo Zanni al Ruzante, dall’Arlecchino di Goldoni a quello di Fo. Sette secoli di avventure prodigiose, una lunga favola senza fine. Il personaggio nasce, muta, si evolve, cresce, prorompe in un fantasmagorico fuoco d’artificio, entrando nella storia, ormai immortale. Giunto a noi da un tempo senza tempo, Arlecchino ci insegna che, in fondo, in ognuno noi c’è un po’ di Arlecchino: siamo tutti, ancora oggi, figli della Commedia dell’Arte, interpreti tutti dell’arte della commedia della vita.
E’ uno spettacolo allegro, divertente, comicissimo, ricco di battute, di lazzi, di atteggiamenti mimici, di acrobazie, di musica e canzoni, di mutamenti di maschere, di travestimenti in abiti femminili, di giochi, di parole, di “grammelot”, di sghignazzi: il tutto derivato direttamente da quella Commedia dell’Arte, che ha fatto conoscere e trionfare la nostra tradizione teatrale in tutto il mondo.
Nello spettacolo è stato inserito anche un inedito di Goldoni mai rappresentato in Italia dal titolo “L’Anello Magico”.
GIOVEDÌ 3 LUGLIO
Cortile di Palazzo Te - ore 21.30
prima nazionale
DON GIOVANNI
di Molière
Compagnia I Fratellini
adattamento e regia di Giuseppe Emiliani con
Marcello Bartoli, Dario Cantarelli
Michela Martini, Michela Mocchiutti, Lino Spadaro
Traduzione Luigi Lunari
Scene e costumi di Graziano Gregori e Carla Teti
Musiche di Franco Piersanti
Don Giovanni visto attraverso gli occhi disincantati di Sganarello.
In uno spazio teatrale onirico, poetico, notturno, lo stralunato servo del famoso seduttore di Siviglia rievoca un mito, antichi amori, antichi rancori.
Ogni sera, come ogni sera, quasi fosse una condanna, Sganarello parla e dà vita alle sue creature. Fa rivivere in scena il suo dispotico padrone. Ogni sera rinnova la farsa di quell’uomo costantemente in fuga: un provocatore, un miscredente, un libertino.
Sganarello ama e odia il suo padrone e sa che il proprio destino è indissolubilmente legato a quello di Don Giovanni.
I due sono una coppia che non potrà mai essere disunita.
Uno Sganarello che contempla ciò che è stato, cosciente che il suo Don Giovanni è un mito che per restare vivo e operante ha bisogno di confermarsi continuamente recitando il mito in eterno, ripetendolo, reiterandolo, e infine “riflettendo” se stesso.
E Sganarello è il suo eterno burattinaio che conduce il gioco a tratti divertente, a tratti ironico, a tratti doloroso e carico di nostalgia.
Il loro rapporto è, quindi, anche carico di ricordi, di rimpianti per ciò che è stato e che non c’è più.
Solo il teatro ha il potere di farli rivivere. Teatro poetico, luogo di ricordi, illusioni, fantasie.
Unico luogo dove il trascendente è sostituito dal meraviglioso.
Luogo in cui elementi farseschi e tragici convivono, come nelle scene di corteggiamento, nei lazzi tratti dallo scenario e dallo spettacolo degli Italiani che Molière realizza senza perdere nessuno dei suggerimenti comici che la tradizione gli offre, testimoniando l’influsso profondo della Commedia dell’Arte, e rendendo, quindi, per I Fratellini, l’allestimento dell’opera di Molière la logica tappa successiva all’ “Arlecchino servitore di due padroni”.
Molière ha consegnato al mondo una forma perfetta che è diventata origine e modello, per secoli, di una comicità esilarante, e, al tempo stesso, intrisa della più drammatica amarezza, sempre consapevole di quanto c’è di ridicolo, ma anche di patetico e di tragico, in ogni umana debolezza.
E i differenti attributi negativi del protagonista, come la lussuria,la cattiveria, la crudeltà, il coraggio, l’ipocrisia sono quelli che fanno la ricchezza, la verità, l’evidenza, l’efficacia, l’umanità del personaggio.
Molière segue il suo protagonista quasi sorridendo, fino a quando assume l’ipocrisia come linea dominante. E allora, allora soltanto, il cielo lo fulmina e lo incenerisce.
E qui la commedia raggiunge la dignità della tragedia, esce dal momentaneo per entrare nella storia: si fa contemporanea dell’eterno e cittadina del mondo.
SABATO 5 LUGLIO
Cortile di Palazzo Te - ore 21.30
prima nazionale
PULCINELLA di Igor Stravinskij – ARLECCHINATA di Antonio Salieri
PAGLIACCI di Ruggero Leoncavallo
Direttore Claudio Micheli
Coreografia di Loris Gai, regie di Massimo Pezzutti e Paolo Bosisio con Orchestra lirico-sinfonica della provincia di Lecco
Marco Bianchi, Enrica Fabbri, Alfio Grasso
Francesca Fedeli, Massimo Pezzutti, Filippo Pina Castiglioni
Giovane Balletto Classico diretto da Loredana Furno
Dal delizioso Settecento di Antonio Salieri, alle invenzioni teatrali di Igor Stravinskij e Ruggero Leoncavallo trascorre più di un secolo. Cento e più anni durante i quali il mondo (e non solo quello della musica) cambia radicalmente aspetto. Ma l’interesse per le maschere della commedia dell’arte resta immutato come testimoniano tre straordinari musicisti, tre uomini di teatro, tre raffinati intellettuali i quali non esitano a fare rivivere nelle proprie partiture Arlecchino e Pulcinella, Colombina e Brighella.
Antonio Salieri dedica il suo “intermezzo” alle vicende amorose di Arlecchino e Brighella che si contendono la bella Colombina alla quale spetta il compito di scegliere chi fra i due pretendenti sarà da lei premiato. Si gioca a mosca cieca e lo scherzo di Salieri si sviluppa con semplice levità e irresistibile vis comica, in una dimensione settecentesca che corre dai campielli di Venezia ai sontuosi palazzi viennesi.
E proprio su consiglio di Diaghilev, nel 1919 a Parigi, Igor Stravinskij dà un’occhiata ad alcune musiche del diciottesimo secolo, con l’idea di orchestrarle per un balletto. Sono musiche inedite o poco note di Giovan Battista Pergolesi, esponente di spicco della scuola operistica del Settecento napoletano. Nasce così Pulcinella, “balletto con canto in un atto”, rappresentato per la prima volta a Parigi - e per l’occasione Tamara Karsavina e Léonide Massine indossano costumi disegnati per loro da Picasso - la cui vicenda è tutta dominata dalle maschere. Quattro gelosi fidanzati decidono di uccidere Pulcinella per vendicarsi dell’irresistibile fascino da lui esercitato sulle loro rispettive innamorate. Messo in atto il disegno “criminale”, i quattro si travestono da Pulcinella e si recano dalle fidanzate. Ma Pulcinella è tutt’altro che morto! Egli ha avuto l’accortezza di scambiarsi d’abito con il suo servo, che, a sua volta, ha finto di soccombere sotto i colpi dei quattro innamorati. Pulcinella può così prendersi gioco di tutto e di tutti e convolare a nozze con Pimpinella.
Ruggero Leoncavallo assiste a Milano al Teatro dal Verme nel maggio 1892, sotto la direzione dell’allora quasi esordiente Arturo Toscanini, alla prima recita dei suoi
Pagliacci. Ed anche in questa occasione, le maschere sono protagoniste di un raffinato gioco scenico fra finzione e verità (al di là del motivo del “teatro nel teatro”). Un gioco che amplifica la drammaticità dell’opera e crea una sottile tessitura di echi e riproposte.
Infatti, oltre allo struggente accostamento tra la maschera di Pagliaccio e la gelosia che lo divora, lo spettatore in sala assiste alla vicenda del primo atto che si ripete in modo identico sul palcoscenico del secondo atto e vede il duplicato di se stesso sulla scena indignarsi di fronte al fatto di sangue, con conseguenze emotive vigorose e teatralmente efficaci.
Sarà dunque proprio il prologo di Pagliacci a concludere questo nostro percorso, laddove, presentandosi al pubblico, Tonio annuncia: “Poiché in scena ancor le antiche maschere mette l'autore, in parte ei vuol riprendere le vecchie usanze, e a voi di nuovo inviami”.
Lo spettacolo, originalmente costruito intorno al tema della maschera e a una interessante idea musicale, avrà durata di tre ore circa, prodotto in prima mondiale per Festival di Mantova sarà eseguito da un complesso di circa centodieci artisti.
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