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LA FONDAZIONE
LE GROTTESCHE DI PALAZZO BERLA di Umberto Artioli

Mantova, Palazzo Berla
Scena di cucinatura della selvaggina
Fa sensazione la scoperta di una serie di affreschi a grottesca contenenti scenette della Commedia dell’Arte, rinvenuti a Mantova durante i lavori di ristrutturazione di Palazzo Berla. Posti in fregio al soffitto di una sala del palazzo quattrocentesco, oggi sede del Collegio Notarile, gli affreschi sono otto, ma in tre di essi la vignetta centrale è andata perduta.

Anche se lo stato di conservazione delle immagini è alquanto degradato, qualcosa è lecito dedurre dalle sequenze superstiti: l’ignoto affrescatore ha raffigurato scene di danza e di caccia, traendo spunto dai cosiddetti ludi zanneschi, ossia da forme di intrattenimento legate al contrasto tra Pantalone e lo Zanni.

Ma cosa significa il ricorso a motivi dell’improvvisa (o a forme d’intrattenimento che le sono connesse) in un palazzo privato e, soprattutto, cosa imparenta la danza e la caccia che qui appaiono curiosamente legate?

Mantova, Palazzo Berla
Scena di danza
Fissiamo un particolare: in origine la sala dove si trovano gli affreschi disponeva di un camino. Nella figura sovrastante l’antico luogo del camino è raffigurato un fornello da campo da cui sprizzano fiamme; il fornello è posto su un tripode e ai suoi piedi sta una bacinella.
Attorno alle presenze oggettuali che funzionano da centro della composizione, sono disposte le figure dei comici secondo uno schema rigorosamente triadico, ripreso del resto nell’intera serie di affreschi: a sinistra Pantalone porge un uccello; al centro uno Zanni sorregge una padella; a destra un secondo Zanni assiste all’azione. Il tema è replicato con varianti in altre due scenette.
Nella prima uno Zanni, posto a sinistra, si protende verso le altre figure sorreggendo un uccello. Indossa la semimaschera nera tipica del ruolo e un ampio copricapo rosso, con sulla cima un pennacchio verde; dello stesso colore del piumaggio è il camicione rituale, che risalta contro i pantaloni bianchi.
Posto di profilo, sta in posa plastica, il piede destro sollevato, il corpo proteso in avanti. Contro di lui, sempre di profilo e nella stessa postura, anche se simmetricamente contrapposte, avanzano due figure poco individuabili, ma probabilmente due Zanni, uno dei quali sorregge un uccello di maggiori dimensioni.
Al centro della raffigurazione sta un cane. È questa l’unica sequenza in cui manca Pantalone, chiaramente riconoscibile invece nella terza vignetta del ciclo venatorio. Dotata dei tradizionali connotati (il naso a becco, la semimaschera, la lunga barba appuntita in tipico stile cinquecentesco, la calzamaglia rossa, le ciabatte) la maschera veneziana che regge a sua volta un uccello, sembra in partenza per la caccia. Lo dimostra la presenza del cane che lo precede, avanzando nell’estremità destra della composizione.
Mantova, Palazzo Berla
Scena di danza

Quasi esitante, intento a carpire gli ultimi consigli dei suoi interlocutori, Pantalone ha la testa girata all’indietro, nella posa plastica che ne contraddistingue i moduli recitativi: gli fa da contrappeso uno Zanni centrale che, toccandogli la spalla con la mano, lo risospinge nella direzione del cane, mentre un secondo Zanni, dall’estrema sinistra, osserva l’azione.
Sopra il cane, nella parte più luminosa dell’affresco, c’è una figura miniaturizzata, a braccia aperte e gambe divaricate: forse un diavoletto o un altro Zanni gulliverizzato. Particolare curioso, in nessuna delle scenette di caccia esistono armi che non siano gli spadini di latta comuni alle maschere, né sono ravvisabili gli spunti aggressivi, gli sberleffi e i modi ferocemente caricaturali che contraddistinguono i ludi zanneschi, dove Pantalone è esposto al lazzo dei servi.

Nelle scene venatorie di Palazzo Berla si respira un’aria distesa e pacata, la stessa che avvolge le composizioni ispirate alla danza. Nella prima di queste Pantalone, raffigurato al centro in una sorta di gesto reverenziale, si protende verso uno Zanni musico che suona uno strumento a fiato; dalla parte opposta un secondo Zanni, con la mano levata, scandisce i tempi della danza.
Nella seconda, fortunatamente la meglio conservata, compare quel che si può definire un autentico topos dell’epoca. Mentre lo Zanni musico, sempre da sinistra, con una mano sorregge il flauto e con l’altra, protesa verso l’alto, batte il ritmo, Pantalone all’estrema destra è impegnato a danzare. Questa volta tuttavia non danza solo: regge per mano una dama elegantemente vestita, la cui rigidità contegnosa impatta con la postura dinamica e scattante della maschera veneziana.
Tra le due scenette è lecito intravedere un rapporto di successione: nella prima i servi, trasformati in pedagoghi, insegnano a Pantalone i protocolli mondani dell’arte di sedurre; nella seconda tali protocolli conoscono la loro applicazione.

Mantova, Palazzo Berla
Scena di danza
Vediamo di tirare le somme. In quattro affreschi su cinque è presente Pantalone; onnipresente è lo Zanni. Come le scene di caccia, frazionate tra momenti iniziali e finali, tra i preparativi per il rituale venatorio e il consumo della selvaggina, sembrano suggerire una sequenzialità, così nelle scene di danza c’è l’apprendistato di Pantalone, ma anche l’esito di questo apprendistato, ossia il ballo con la dama. A questo punto sembra possibile avanzare l’ipotesi che la committenza abbia inteso allietare con i tipi dell’Arte una sala da banchetto, ossia un luogo di piacere tanto gastronomico che legato alla sfera del ballo. Palazzo Berla, in origine posseduto dalla famiglia nobiliare dei Cavriani, viene acquistato nel 1558 dai Bonsignori, una famiglia di mercanti proveniente da Lodi e stabilitasi a Mantova agli inizi del Cinquecento. Poiché i Bonsignori, mantengono ininterrottamente la proprietà sino al 1643 e le grottesche che ornano la sala sono databili tra il 1580 e il 1600, si può dare per certo che proprio i Bonsignori siano i committenti.

Ma se l’incarico di dipingere gli affreschi viene da una famiglia di mercanti, è anche lecito supporre che Pantalone, prototipo del mercante, possa essere stato assunto dalla proprietà a simbolo della propria categoria professionale. Ciò spiegherebbe perché la maschera veneziana sfili nelle grottesche di Palazzo Berla in versione nobilitata, senza gli sberleffi e gli ammiccamenti sull’avarizia o sulla sessomania che ne contraddistinguono la partitura abituale. In uno dei più noti scritti del Cinquecento un mantovano celebre, Baldassare Castiglione, insegna le buone maniere all’uomo di corte; nelle scenette di Palazzo Berla l’ammaestramento concerne la classe borghese: Pantalone, avviato ai segreti della caccia, del ballo e della cucina, assume lo Zanni a guida nell’arte del Piacere. Da esperto in oscenità e ribalderie, il servo dell’improvvisa diventa il centro di un’esperienza galvanizzante: affiancare all’industre operosità del lavoro di mercatura, i rudimenti della gioia, le raffinatezze dell’arte di godere.

Antonio Ponzano
Decorazione in fregio al soffitto
Castello di Trausnitz (Baviera)
Gli affreschi del palazzo mantovano, di modesta fattura, possono risultare poco significativi per lo storico dell’arte, attento alla loro valenza estetica. Assumono invece un eccezionale rilievo per lo storico del teatro trattandosi dell’unico reperto del genere presente in Italia sulle origini della Commedia dell’Arte. I repertori iconografici a cui si suole fare riferimento per circoscrivere gli esordi dell’improvvisa sono in linea di massima due: la collezione di stampe Fossard, conservata in parte a Stoccolma e in parte a Copenhagen; il castello di Trausnitz in Baviera, sede della celebre Narrentreppe (Scala dei folli) ma anche delle miniature a grottesca poste in fregio al soffitto della stanza di lavoro di Guglielmo V, che sono in tutto sedici, un numero che può avere qualche consonanza con le otto mantovane. Fossard era un musicista della corte di Luigi XIV, incaricato da Re Sole di radunare tutte le testimonianze iconografiche sulla Commedia dell’Arte. La sua raccolta, che mette insieme incisioni di epoche diverse, solleva perciò non pochi problemi di datazione. Certa è invece la collocazione temporale dei reperti di Trausnitz, trattandosi del periodo compreso tra 1576 e 1578. Tra gli affreschi mantovani e i repertori citati esiste una tessera comune: in tutti ricorre il motivo di Pantalone che danza con una dama più o meno compassata, al suono di uno Zanni musico. Potrebbe essere questo un elemento importante per una migliore datazione delle grottesche di Palazzo Berla. Nelle miniature di Trausnitz il motivo della danza ricorre in più varianti: c’è Zanni che tiene per mano sia Pantalone che la dama, in una posa da ruffiano; c’è Pantalone che va incontro alla Bella Sconosciuta mentre Zanni è intento a suonare; c’è Zanni che approfitta della situazione, volteggiando con la donna, mentre Pantalone, lasciato in disparte, sembra dissentire; c’è infine il trio dei maschi (Pantalone, uno Zanni e un’altra figura non ben identificabile) intento a far musica. Sono noti i frequenti contatti tra il Ducato di Mantova e la Baviera, divenuti ancora più stretti quando nel 1591 il cremonese Antonio Maria Viani, dopo aver trascorso cinque anni in Baviera al servizio di Guglielmo V, si trasferisce a Mantova in qualità di prefetto alle fabbriche. Ma l’ipotesi di un’eventuale attribuzione a Viani, abilissimo inventore di grottesche, di un qualche ruolo nella messa a punto degli affreschi di Palazzo Berla, così incerti dal punto di vista grafico e compositivo, è sicuramente da scartare. Più probabile è che l’ignoto affrescatore di Mantova abbia operato sulla scorta di un modello, presumibilmente una stampa popolare, da lui replicato con scarsa inventiva.

Ambrogio Brambilla
Incisione presente nel
Recueil Fossard Copenhagen
E proprio nella collezione Fossard esistono le tracce di questo possibile modello. Il riferimento va alla serie di nove incisioni, fino a qualche tempo fa identificate col solo nome della stamperia romana presso cui sono state edite e attribuite di recente da Margret Katrizky al milanese Ambrogio Brambilla. Una di queste, presente anche in un’altra versione munita di didascalie (probabilmente una nuova stampa) presso il British Museum, denota forti analogie con la scena del ballo tra Pantalone e la dama presente a Palazzo Berla. La scena a cui ci si riferisce si svolge in un esterno appena accennato dagli avvallamenti del terreno. Lo Zanni compare a sinistra, più o meno nell’abbigliamento e nella postura di Mantova; avendo le mani impegnate a sorreggere il flauto, detta il ritmo col piede destro, che appare sollevato. Come in tutta la serie di Brambilla, la composizione è triadica e se, a differenza di Mantova, Pantalone è raffigurato al centro con la dama sul fianco, l’atteggiamento della coppia resta immutato: impettita e rigida lei; scattante e dinamico nella sua attillata calzamaglia il vecchio barbuto. Non si conosce l’esatta data di composizione delle nove incisioni attribuite ad Ambrogio Brambilla. Certo è invece che nel periodo milanese l’incisore, trasferitosi da Milano a Roma nel 1575, era, con Simone di Bologna (in arte Zan de Pegora), uno dei soci del circolo dei Rabisch, l’accademia di Val di Blenio che, fondata nel 1560, assumeva a modello la direttrice grottesca presente in Leonardo e imitava le cadenze dei facchini emigrati a Milano dalle valli del Nord. Precisi sono gli interessi di Brambilla per la componente caricaturale della Commedia dell’Arte, testimoniati tra l’altro dalla coppia di incisioni, risalenti al 1583, dedicate al Ballo di Zan Trippa e alla Cucina per il pasto di Zan Trippa neo-sposo. Assumere a soggetto l’improvvisa, mettendo insieme il motivo del banchetto con quello della danza, era dunque qualcosa di compatibile con lo spirito del tempo. È quindi plausibile che l’ignoto affrescatore mantovano, senza ricorrere alla Baviera, potesse trovare nella cultura lombarda un adeguato punto di riferimento. Resta un ultimo punto su cui meditare: nelle scenette di Palazzo Berla manca Arlecchino, la maschera che, stando agli studi recenti, è stata inventata a Parigi tra 1584 e 1585 da un altro mantovano celebre, Tristano Martinelli. Martinelli era l’attore prediletto da Vincenzo I Gonzaga, il duca che dà vita alla prima compagnia italiana di Stato, selezionando ruolo per ruolo i maggiori interpreti della Commedia dell’Arte. Ciò lascia presumere che i dipinti di Palazzo Berla siano anteriori all’epoca in cui dallo stuolo degli Zanni fuoriesce Arlecchino o, al più, coincidenti con essa. In base a tale ipotesi la data di composizione degli affreschi mantovani andrebbe ristretta al periodo compreso tra 1578 e 1585.

Articolo comparso in «Primafila», n. 52, febbraio 1999, pp. 20-25

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